Scrivo questi poveri pensieri con la speranza che nel momento in cui appariranno sul nostro quindicinale Sakineh sia ancora in vita. Con la speranza che questa giovane donna iraniana abbia finalmente vinto la sua battaglia contro un’atroce e ingiusta condanna.
Il 15 maggio 2006 il Tribunale di Tabriz (Iran) dichiara Sakineh (allora trentanovenne e madre di due figli) colpevole di adulterio. Viene condannata a 99 frustate. E la condanna viene eseguita.
A settembre, sempre del 2006, alla rinnovata accusa di adulterio, viene aggiunta quella di coinvolgimento nell’assassinio del marito. E viene condannata a morte per lapidazione. Condanna confermata nel 2007, ma rinviata.
Il giorno 11 agosto 2010, Sakineh, velata, legge alla televisione iraniana (nella sua lingua madre), la “confessione” di essere stata complice dell’assassinio del marito. Il figlio di Sakineh, Sajad (22 anni) riesce a dare il via ad una campagna internazionale di mobilitazione per fermare questa condanna ingiusta ed assurta. Si muovono le diplomazie (anche quella Vaticana e quella italiana. C’è un appello del nostro Presidente della Repubblica e di diversi premi Nobel). Ma il pericolo che Sakineh sia stroncata con l’atroce condanna della lapidazione rimane immutato. Ognuno di noi sente di dover fare qualcosa. E sperimenta contemporaneamente la propria impotenza. Dietro la storia di Sakineh c’è la storia di migliaia e forse milioni di donne di tutto il mondo, ancora vittime delle più elementari violazioni della dignità umana e delle più innominabili aggressioni.
Ognuno ascolti la voce della propria coscienza e faccia quello che ritiene più utile per salvare questa nostra sorella, lontana, ma, ormai, vicinissima.
Come credenti in Cristo ci rimane l’arma della preghiera. Agli occhi dei più sembra un arma destinata al completo insuccesso. Per chi crede vale la promessa di Gesù: “Se avrete fede sposterete le montagne”.
Signore Gesù spiana davanti ai nostri occhi ogni montagna di ingiustizia, di barbarie, di violazione della dignità della persona e, in particolare, della dignità della donna.
Proteggi e salva Sakineh. Ma anche le sue compagne, non solo dell’Iran, ma del mondo intero.
Ti preghiamo, Signore, fa che nessuno di noi debba sentire rimorso per non aver fatto tutto il possibile per salvare Sakineh.
Ma, soprattutto, o Signore, fa che gli uomini e le donne di tutta la terra lottino insieme, con la forza che solo Tu puoi donare, per costruire la vera Civiltà dell’Amore!
+ Giuseppe Molinari
Arcivescovo Metropolita de L’Aquila