Non basta lasciarsi coinvolgere dalla celebrazione della Perdonanza come rievocazione storica o come suggestiva coreografia; neppure risulta sufficiente la partecipazione esteriore e puramente rituale ad una tradizione secolare. Per “entrare” effettivamente nell’evento-Perdonanza, occorre viverla con lo spirito di papa Celestino, che ce l’ha donata. Solo così “diventiamo” ciò che, nel rito, facciamo. Per sintonizzare la nostra anima su questa impegnativa “frequenza”, ecclesiale ed umana, occorre lasciarsi afferrare dallo Spirito e farsi condurre da Lui in un liberante cammino di conversione. In questo orizzonte spirituale e sociale, risuona forte e commovente l’appassionata esortazione che ci ha rivolto san Paolo: «noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio». L’Apostolo delle genti ci offre pure la ragione di questo suo accorato appello, usando parole di fuoco, che fanno trasalire l’anima:«Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2 Cor 5, 20-21). Abbiamo la certezza, perciò, che nella misura in cui corrisponderemo a questo Amore – così grande da farci venire le vertigini – saremo affrancati dal male e trasformati in “nuove creature”. Ecco perché san Paolo conclude «le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2 Cor 5, 17-21).
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