Mons. Molinari: il ricordo emozionante della visita del Papa all’Aquila post-terremoto

Intervista eseguita da Radio Vaticana

Tra i momenti più significativi e toccanti del Pontificato di Benedetto XVI si ricorda la visita nella arcidiocesi dell’Aquila, il 28 aprile 2009, pochi giorni dopo il terremoto che distrusse il capoluogo abruzzese e il suo territorio. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’arcivescovo della città, mons. Giuseppe Molinari:
 
R. – Ricordo molto bene quel giorno, soprattutto la sosta che fece alla Basilica di Collemaggio. Guardò con molta attenzione l’edificio, devastato dal sisma: c’era l’urna con il corpo di San Celestino e vi posò il suo pallio.
 
D. – Quel pallio tra poco avrà un posto speciale…
 
R. – Sì. Attendiamo che la Basilica di Collemaggio venga restaurata. Comunque il pallio, per adesso, lo conservo personalmente e poi sarà collocato insieme all’urna al momento giusto. Quest’anno abbiamo una celebrazione per ricordare il settimo centenario dalla Canonizzazione di San Celestino. Vogliamo sottolineare questo anniversario già il 5 maggio, concludendo con la notissima “Festa della Perdonanza celestiniana”, che cade il 28 e il 29 agosto.
 
D. – Quali immagini, quali momenti rimarranno nel suo cuore degli incontri avuti con Papa Benedetto XVI, ultimo dei quali la recente visita ad Limina…
 
R. – Sono stati incontri sempre molto belli, molto umani, molto affettuosi. Io ricordo che, durante la prima visita ad Limina, fu paterno, affabile, ci mise a nostro agio. Poi gli altri incontri, durante i quali diceva: “Ma noi già ci conosciamo!”. Ricordo in particolar modo l’ultimo incontro, la visita ad Limina del 17 gennaio scorso, dove tra l’altro alla fine mentre lo salutavo, gli ho detto: “Santità, questa è l’ultima visita ad Limina”, e lui guardandomi: “Già! Hai compiuto 75 anni!”. E io: “ Preghi tanto per me” e lui di rimando: “Anche lei preghi per me”.
 
D. – Un uomo di grande cultura, di grande spiritualità. In che modo voi continuerete a seguire il suo pensiero e il suo esempio?
 
R. – Io sono stato sempre molto attento, interessato e ammirato già ai tempi dell’opera teologica dell’allora teologo Raztzinger, poi cardinale Ratzinger. Su di me, ha avuto sempre un fascino particolare. Secondo me, quello che ha fatto, lo ha fatto per seguire la Parola del Signore. Lui racconta, nel libro dell’amico giornalista tedesco: “Spesso il Signore mi ha chiesto delle cose diverse da quelle che mi aspettavo, che sognavo…”. Così sognava di fare il teologo e si è trovato a fare il vescovo, poi pensava di fare il pastore in una diocesi e invece si è trovato a fare il prefetto della Congregazione della Fede. Pensava di riposarsi una volta finito il servizio alla Congregazione della Fede e invece lo aspettava questo incarico grande come capo supremo della Chiesa. Adesso, forse il Signore gli ha indicato questa strada, che non è fuggire dalle responsabilità, ma è continuare a servire la Chiesa in un altro modo. Il Signore gli ha fatto capire che si può servire la Chiesa in tanti modi, anche scegliendo il silenzio, la preghiera e indubbiamente in tutto questo c’è anche il senso della Croce e del sacrificio.