L’ATTESA (pubblicato sul quindicinale Vola 222)
L’umanità si può dividere in due grandi categorie: coloro che attendono sempre qualcosa di nuovo dalla vita e coloro che non attendono più nulla. Oppure: coloro che hanno speranza e coloro che non sperano più nulla, sono rassegnati, subiscono con amarezza profonda tutto ciò che la vita offre loro.
E i cristiani da che parte stanno?
Dovrebbero essere tra coloro che sanno attendere sempre qualcosa di nuovo, coloro che sanno sperare. Ma tra coloro che attendono e coloro che sperano possiamo distinguere ancora due categorie: quelli che aspettano e sperano confidando unicamente sulle proprie forze e su qualche messia terreno. E coloro invece, e dovrebbero essere tutti i cristiani,che sperano perché credono. Perché sanno che questo mondo non è abbandonato ad un cieco destino e non è il regno indisturbato dell’assurdo.
I cristiani sanno soprattutto, che nella nostra piccola e povera storia umana duemila anni fa è entrato un Bambino che è il Figlio stesso di Dio. Sta tutto qui il senso del Natale. Dio ci è venuto vicino, si è fatto uno di noi, ci ha parlato con parole umane. I suoi non lo hanno accolto. Anzi lo hanno arrestato, processato e condannato a morte. Ed è morto sulla croce. Ma è risorto. I suoi primi discepoli lo hanno visto e hanno avuto una conferma irresistibile delle sue promesse. In questa vittoria di Gesù sulla morte ci sono nascoste tutte le altre vittorie sul male in tutte le sue molteplici forme.
Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede di ogni battezzato. Ma non è facile credere.
Papa Benedetto XVI nel suo invito all’Anno della Fede (Motu Proprio “Porta Fidei”) parla dei silenzi di Dio. Anche oggi ci scontriamo con questi silenzi di Dio. Vorremmo subito delle risposte, dei segni clamorosi, che ci rassicurino che non stiamo navigando nell’assurdo, che la vita ha un senso, che la storia ha un senso, che c’è una risposta alla morte, che c’è una risposta alle sofferenze e alle ingiustizie che schiacciano milioni di uomini e donne. Ma ci sembra che queste risposte non arrivino mai.
Ed ecco il senso profondo dell’attesa del Natale. Come allora, anche oggi, questo nostro Dio non viene in modo clamoroso, annunciato da pubblicità assordanti e volgari. Ma anche oggi questo nostro Dio viene nella piccolezza, nel silenzio, nell’umiltà, nella fragilità, nella povertà. E viene nella dolce sobria estasi di una preghiera, di uno sguardo di amore, di un gesto di tenerezza, di un sentimento di perdono, nel miracolo della dedizione ad un fratello malato, solo, forestiero,nudo o privo della sua libertà.
Anche oggi viene.
Basta saperne riconoscere il passo leggero e la voce sommessa, ma inconfondibile.
Come avvenne duemila anni fa.
Lo riconobbero Giuseppe e Maria, Simeone ed Anna, i pastori e i magi, i piccoli e i poveri, gli umili e i sofferenti.
Erode, gli scribi, i farisei, i sapienti e i potenti non avevano occhi per accorgersi di questo Dio.
Signore,
aiutaci a saperti aspettare,
a saperti attendere,
a saperti desiderare,
a saperti riconoscere.
Perché solo così possiamo
ancora vivere e sperare.
Buon Natale a tutti!
+ Giuseppe Molinari
Arcivescovo Metropolita de l’Aquila