La Perdonanza è una “intuizione pastorale” di straordinaria portata, sia nell’ambito religioso come nella dimensione sociale. Infatti, l’arte del perdono evita che i conflitti si infettino e degenerino in cancrene relazionali. Ciò è vero per la comunità cristiana, ma anche per quella civile.
Ricorrendo ad una rima – non proprio di fattura dantesca ma spero ugualmente significativa – un anziano e saggio Sacerdote così si esprimeva: “minore Perdonanza, maggiore Complicanza”! Nel senso che i nodi interpersonali, senza la reciproca misericordia, non si sciolgono, ma, al contrario, si stringono e si aggrovigliano sempre di più, talvolta in modo inestricabile.
Risposi che trovavo l’asserto molto giusto; valeva, di conseguenza, anche il motto opposto: “crescente Perdonanza, più viva Fratellanza”. È questa, infatti, la medicina che cura tutti i mali, anche sociali.
Sono persuaso che proprio la “lezione” della Perdonanza debba essere l’anima che guida la ricostruzione della Città e la destina ad un luminoso avvenire, visitato da Dio e ammirato dagli uomini.
Carissime Sorelle e carissimi Fratelli, viviamo l’Anno del Giubileo della Misericordia.
E’ doveroso, mi pare, porsi la domanda sulla fonte della ispirazione che collega Perdonanza e Giubileo.
Avanzo la ragionata ipotesi che la “matrice costitutiva” del Giubileo sia da individuare nella Perdonanza: le due celebrazioni, infatti, evidenziano un “patrimonio genetico” comune.
Per questo, come ho detto agli amici Giornalisti in un recente incontro, ritengo fondata la congettura secondo cui san Celestino V potrebbe chiedere a Bonifacio VIII “i diritti d’autore” sul Giubileo, almeno in quanto Artefice del “progetto ecclesiale” che ne ha disegnato la fisionomia teologica: ma sono certo che non lo farà!
Tuttavia, a sentire il parere di diversi storici, sembra che la sorgente da cui proviene l’ispirazione della Perdonanza (datata 1294) – e quindi, della successiva ideazione del Giubileo (indetto per la prima volta nel 1300) – vada cercata più lontano, oltre Celestino V, e sarebbe da rintracciare nel “Perdono d’Assisi” (1216, secondo alcuni autori), evento nel quale san Francesco ottenne dal Papa la concessione della indulgenza plenaria dei peccati per tutti coloro che, tra il 1° e il 2 agosto di ogni anno, avessero visitato la chiesa della Porziuncola, adempiendo alcune prescrizioni spirituali e sacramentali.
Dunque, questa straordinaria benedizione sarebbe discesa dal Cielo sulla terra di Assisi, per intercessione di san Francesco; poi, grazie alla lungimiranza di un altro santo, Papa Celestino V, sarebbe approdata a L’Aquila. E dalla nostra città sarebbe, successivamente, arrivata a Roma. Perciò, stando alla suddetta interpretazione, Roma, Città eterna, sarebbe in questo debitrice verso due altre Città, L’Aquila e Assisi: meno grandi, ma non meno eterne.
San Pietro Celestino ci aiuti ad essere degni, come Aquilani, di questo straordinario privilegio che la storia ci ha affidato, perché sia custodito e valorizzato a vantaggio di tutta la Chiesa e dell’intera umanità.
+ Giuseppe Petrocchi
Arcivescovo