Discorso ai funerali di Stato delle vittime del sisma

11-04-2009

C ome Pastore di questa Chiesa dell’Aquila, al termine di questa Messa, che abbiamo celebrato per tutti i nostri fratelli e sorelle vittime del terremoto, vorrei, innanzitutto, dire un grazie affettuoso al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato di sua Santità e a monsignor Georg, segretario di sua Santità, che sono venuti a portarci il saluto del Santo Padre e per darci un segno concreto della sua vicinanza e del suo affetto. Un grazie anche a tutti gli arcivescovi e vescovi dell’Abruzzo e del Molise e a tutti i sacerdoti. Un saluto affettuoso e riconoscente al nostro presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio dei ministri. Un saluto e un grazie a tutte le altre autorità civili e militari.
  Un saluto particolarmente affettuoso vorrei rivolgerlo a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle presenti a questo sacro rito. Per i parenti delle vittime voglio esprimere anche a nome a nome di tutta la Chiesa aquilana i più profondi sentimenti di partecipazione affettuosa al loro grande dolore. Visitando, in questi giorni, l’obitorio allestito presso questa scuola della Guardia di finanza, ho avuto modo di incontrare i parenti delle vittime. Molti di loro sono persone che conosco da tempo e tante volte ho condiviso con loro momenti importanti e belli delle loro storie personali e familiari. Ci siamo abbracciati, abbiamo pianto insieme, abbiamo pregato insieme accanto alle bare delle loro persone care.
  Mi sono tornati davanti volti noti legati a nomi che conservo nel cuore con immenso affetto: Claudia, Fabrizia, Valentina, Filippo, Franca, Patrizia, Alessandra, Fabio e tanti tanti altri che ora non sono più tra noi.
  Ma la fede ci dice che non sono lontani da noi; neppure la tragedia del terremoto potrà mai strapparli dal nostro cuore.
  Cari fratelli e sorelle, colpiti negli affetti più cari, è il momento della grande fede, una fede che è più forte del dolore, dello smarrimento, della paura, del dubbio e della disperazione. È la fede delle parole di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me non morirà in eterno».
  Signore, noi ora sentiamo la carezza gelida e tragica della morte. Facci gustare presto, fin da questo momento, l’abbraccio divino con il tuo corpo di Risorto. Chiama anche noi per nome, come chiamasti Maria di Magdala che, smarrita e stanca ti cercava nel sepolcro. Fa’ vedere anche a noi che i sepolcri dei nostri cari sono già vuoti, perché questi nostri fratelli e sorelle non sono rimasti neppure per un istante nell’abisso assurdo e insopportabile della morte. Perché tu stesso ci hai promesso: «Chi crede in me ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Chi crede in Te non gusta la morte neppure per un istante, perché da questa vita povera, ferita e fragile passa subito nella vita vera, piena e dignitosa.
  Signore noi crediamo in Te. Noi crediamo nella potenza del tuo amore e nella certezza della tua resurrezione.
  Mostrati anche a noi, oggi, come ai discepoli di Emmaus. Anche oggi, ancora una volta, hai spezzato il pane con noi in questa Eucarestia. Fa’ che anche a noi si aprano gli occhi e che ti riconosciamo risorto in mezzo a noi.
  Per continuare insieme a Te il nostro cammino. E perché da questa insopportabile e assurda storia di morte nasca una nuova e luminosa storia di vita e di speranza.

  Giuseppe Molinari arcivescovo metropolita dell’Aquila