Card. Petrocchi. “Vivere il Natale, per apprendere l’arte di incontrare Dio, se stessi e gli altri

Ancora una volta sentiamo, nell’animo, moltiplicarsi la gioia e aumentare la letizia (cfr. Is 9,2) per l’annuncio del Natale: «Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). 

In questo tempo, segni inquietanti rendono il futuro incerto e problematico; può accadere che pure l’uomo di fede sia scosso da domande insidiose: giorno per giorno siamo chiamati a rendere ragione della nostra fede (cfr. 1Pt 3,15) in un contesto non facile, spesso avverso, e in larga misura indifferente. Ma dobbiamo perseverare, perché «a quanti L’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). 

Egli è venuto a cercarci, ha scelto di condividere la nostra storia, si è fatto vicino ad ognuno di noi, ma, soprattutto, si è reso “prossimo” a chi soffre e a chi è debole: non nacque in un palazzo, né indossò vesti lussuose, ma fu povero tra i poveri. La Sua visita non è stata breve e occasionale, ma ha inaugurato una appartenenza permanente: rimane con noi sempre, prende dimora nelle nostre vicende e assume in modo definitivo la nostra “cittadinanza” esistenziale. Chi “entra” nel mistero del Natale non si contenta di procurare, nel- la propria vita, “un po’ di posto” a Gesù, ma desidera darGli tutto lo spazio disponibile, e Gli apre la sua “abitazione” interiore prodigandosi perché il Signore vi dimori come ospite stabile. Questo è, nel suo significato autentico, “fare Natale”.
C’è sempre il rischio di chiuderGli la porta dell’anima. Risuona sempre drammatico il monito dell’a- postolo Giovanni: «Egli venne fra la sua gente, ma i suoi non l’han- no accolto» (Gv 1,11). 

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