Perdonanza. L’intervento di Mons. Scicluna alla presentazione della Croce del Perdono

Gesù Fratello di Tutti

Una riflessione ispirata all’Enciclica di Papa Francesco 

“Fratelli Tutti”.

Questa mia riflessione é ispirata all’opera di Laura Caliendo e Gabriele di Mizio: Un albero nasce dalla terra e si articola come una mano piagata dalle cui cinque dita crescono dei fogli e dei frutti. Secondo il racconto più antico della creazione che troviamo nel Libro della Genesi, l’uomo nasce dalla terra ma viene animato dal soffio divino

 Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. 

  (Gen 2:7)

Secondo il racconto di Genesi, Capitolo 2 l’albero diventa cifra di vita:

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi

collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.” (Gen. 2:8-9) 

L’uomo è posto nel giardino di Eden come custode

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden,

perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo 

comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del 

giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai,

certamente dovrai morire». (Gen.2: 15-17)

Ma l’uomo sceglie di abusare della sua libertà e cade nella trappola del Maligno. Deve confrontarsi con le conseguenze dolorose delle sue scelte ma gli viene promesso un redentore. 

All’uomo Dio disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie

e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: 

“Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua!

Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!”. (Gen 3:17-19) “Il Signore Dio

disse al serpente: Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la

tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu

le insidierai il calcagno“. (Gen 3:15).

Nonostante l’infedeltà dell’uomo, Dio entra in dialogo paterno con l’umanità diverse volte tramite i patriarchi e i profeti. Sceglie un popolo piccolo e ribelle che nasce dalle viscere di Abramo, di Isacco e di Giacobbe 

Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve

e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a

me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso”. (Gen 17: 1-2).

Tramite questo popolo il Signore vuole dare all’umanità un salvatore e lo prepara inviandogli giudici, re e profeti. Isaia parla della chiamata di tutta l’umanità alla fratellanza nella pace. 

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.

Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto

il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà

la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà

che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli.

Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa.” (Isaia 11:1-4; 9-10). 

Il libro dei Proverbi chiama la Sapienza di Dio “Albero di Vita”

Beato l’uomo che ha trovato la sapienza,
l’uomo che ottiene il discernimento:
La sapienza è più preziosa di ogni perla
e quanto puoi desiderare non l’eguaglia.
È un albero di vita per chi l’afferra,
e chi ad essa si stringe è beato.

(Prov. 3:13-18)

Nella pienezza dei tempi il Signore manda il suo unico figlio che diventa uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria di Nazaret. Come sintetizza bene la Lettera agli Ebrei:

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva 

parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente.” (Ebrei 1:3a)

Questo “Figlio” è il figlio del uomo, il servo di Dio, il giusto, il profeta, il messia o il Cristo. È il falegname Gesù di Nazaret. Dopo trent’anni di vita nascosta si presenta per il battesimo di penitenza offerto da Giovanni nel deserto e viene indicato dal Padre come il figlio diletto. Annuncia la sua missione con le parole di Isaia il profeta:

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. 

Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora 

cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura 

che voi avete ascoltato».             (Luca 4: 18-21). 

Gesù di Nazaret insegna, guarisce, esorcizza, consola, si commuove profondamente per il popolo che ama. Predica e pratica la misericordia, l’amore per i fratelli. 

Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, 

fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro 

che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti 

strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a 

chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle 

indietro…… Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.” 

        (Luca 6:27-30; 35-36).

 

Come ricordo di sè Gesù da se stesso da Buon Pastore che da la vita. Si presenta come luce, vita, via, verità, resurrezione. Si medesima con ogni uomo e con ogni donna che chiama “fratelli”.  In Matteo 25 troviamo queste parole di Gesù: 

“Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra:

 Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità 

il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 

perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, 

ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero 

e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, 

malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete 

venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno:

“Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti 

abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo 

dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero

e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 

Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e 

siamo venuti a visitarti?”. Il re risponderà loro: 

“In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno 

solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

 (Matteo 25:34-40). 

Gesù ci insegna a chiamare Dio “Padre Nostro” perché siamo tutti figli del Padre e perciò fratelli gli uni degli altri. 

Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei 

cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, 

sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i 

nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri 

debitori, non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci 

dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro 

colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche 

a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure

il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.

  (Matteo 6: 9-15).

 

In questa città di l’Aquila che ha conosciuto la prima Porta Santa nella storia, le parole di Gesù hanno trovato eco nell’esortazione di Sua Eminenza il Card. Giuseppe Petrocchi nel suo messaggio in occasione della 727a Perdonanza Celestiniana:Perdonare è un gesto di libertà e un servizio alla verità: solo chi, dentro di sè, ha sciolto i nodi che lo legavano all’egoismo – e ha guadagnato robuste “dosi” di saggezza e di generosità evangelica – può perdonare.”

Con la sua dolorosissima morte in croce e la sua gloriosa risurrezione, il Signore Gesù ci ha redenti, ci ha riconciliati con noi stessi, con Dio, tra di noi. Paolo sintetizza questo fatto nella sua Lettera agli Efesini:

Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso 

l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. 

                                        (Efesini 2:13-17)

Nel Libro dell’Apocalisse ritorna il tema dell’Albero della Vita che cresce vicino al fiume d’acqua viva che deriva dal trono di Dio e dell’Agnello: 

“E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.”   

                                                           (Apoc. 22:1-2)

Verso l’inizio del medesimo Libro dell’Apocalisse il Signore dice all’Angelo della Chiesa di Efeso:

“Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice

alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”. (Apoc. 2:7)

L’albero dell’umanità che si spande su tutto il mondo nei cinque continenti come una mano che fiorisce dalle sue cinque dita è proteso verso questo Albero della Vita e nel mistero dell’Incarnazione del Verbo e della Redenzione è per sempre segnato dalle piaghe di Gesù che hanno assunto tutte le sofferenze e le piaghe dell’umanità. Come ci insegna l’Apostolo Pietro:

“Egli portò i nostri peccati

nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo 

più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.”                                                 (1 Pietro 2:24-25)

In ogni uomo e in ogni donna, creati a immagine di Dio, c’è anche l’immagine di Gesù Crocifisso e Risorto. 

“Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me” (Matteo 25:40). 

La mano piagata del Signore diventa invito alla fede nel Crocifisso Risorto, invito alla speranza nella trasformazione del mondo e dell’umanità, invito alla carità fraterna che non schiva le ferite del fratello ma si fa prossima e fascia le ferite con il balsamo della solidarietà fattiva: [Il Signore] “disse a Tommaso:

“Mette il tuo dito qui e guarda le mie mani, porgi la tua mano e mettila nel mio fianco, e non essere più incredulo, ma credente”.  (Giov. 20:27)

Le parole del profeta Abacuc sono da ricordare:

“Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paran. La sua maestà ricopre i cieli, delle sue lodi è piena la terra. Il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani: là si cela la sua potenza.” (Abacuc 3: 1-4)

L’albero della Vita che si articola nelle dita della mano piagata del Signore della Vita fatto uomo, diventa grido e “appello alla pace, alla giustizia e alla fraternità”. 

Verso la fine della Sua Lettera Enciclica “Fratelli Tutti”, Papa Francesco cita e riprende il testo del Documento di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019:

“In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle 

persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.

In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, […] [dichiariamo] di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio».

Per concludere queste riflessioni suggerite dall’opera densa di Laura Caliendo e di Gabriele di Mizio vorrei proporre  le due preghiere conclusive dell’Enciclica “Fratelli Tutti”:      

Preghiera al Creatore

Signore e Padre dell’umanità,
che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.

Il nostro cuore si apra
a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza
che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni,
di speranze condivise. Amen.

Preghiera cristiana ecumenicaaa

Dio nostro, Trinità d’amore,
dalla potente comunione della tua intimità divina
effondi in mezzo a noi il fiume dell’amore fraterno.
Donaci l’amore che traspariva nei gesti di Gesù,
nella sua famiglia di Nazaret e nella prima comunità cristiana.

Concedi a noi cristiani di vivere il Vangelo
e di riconoscere Cristo in ogni essere umano,
per vederlo crocifisso nelle angosce degli abbandonati
e dei dimenticati di questo mondo
e risorto in ogni fratello che si rialza in piedi.

Vieni, Spirito Santo! Mostraci la tua bellezza
riflessa in tutti i popoli della terra,
per scoprire che tutti sono importanti,
che tutti sono necessari, che sono volti differenti
della stessa umanità amata da Dio. Amen.

✠ Charles J. Scicluna

Arcivescovo di Malta

L’Aquila, 27 agosto 2021